IL BAMBINO MATURO PER LA SCUOLA Esperienze quotidiane di un’insegnante di Euritmia
IL BAMBINO MATURO PER LA SCUOLA
Esperienze quotidiane di un’insegnante di Euritmia
di Gabriella Fossati
Il titolo di questo breve scritto si comprende dopo aver rivolto piena attenzione a quanto detto da Rudolf Steiner in “Vita spirituale del presente ed educazione”, VI conferenza: “È così: la cosa più importante è imparare a leggere nel bambino. E una conoscenza dell’uomo veramente pratica e orientata secondo corpo, anima e spirito porta veramente a imparare a leggere nel bambino. Per questo è così difficile parlare della cosiddetta pedagogia Waldorf, perché in realtà… non è qualcosa che si possa imparare, sulla quale si possa discutere, bensì… una pura pratica, e in verità si può solo raccontare a mezzo di esempi come, in questo o in quel caso, viene esercitata la pratica per questa o quella necessità”. Con la pratica dell’Euritmia si ha quotidianamente l’occasione di sperimentare la verità e la validità di queste parole.
Fare Euritmia con un gruppo di bambini in età prescolare è di per sé un’esperienza particolare, perché l’azione educativa passa direttamente e unicamente attraverso le variegate forme del movimento, anche per il fatto che si ha a che fare con capacità e facoltà grandemente differenziate, a causa delle diverse fasce d’età dei bambini e dei loro gradi di sviluppo corporeo. Ma proprio per questa coesistente molteplicità di caratteristiche è possibile esercitare la facoltà di lettura sopra descritta: attraverso le osservazioni, le comparazioni; cogliendo le fasi di progresso, di crisi, di sviluppo continuativo o brusco; distinguendo quello che si manifesta come fase evolutiva della natura umana da ciò che è il risultato di sollecitazioni forzate; considerando che ogni singolo bambino manifesta con aspetti e tempi personali il proprio grado di sviluppo.
Teniamo presente che a questa età il movimento è una necessità esistenziale: non c’è separazione tra vita interiore e realtà esteriore, se l’anima si muove il corpo si muoverà di conseguenza. Dunque, attraverso il suo movimento il bambino esprime qualcosa di grandioso: esprime appieno la sua natura umana, ci trasmette la visione del suo grado di maturità, del suo stadio di sviluppo. Così, siamo in grado di decifrare in gran parte il rapporto che l’elemento animico-spirituale dell’essere umano ha col suo elemento fisico: si può arrivare a leggere con molta precisione fino a che livello la forza volitiva del bambino si sia inserita nel suo strumento corporeo.
Il bambino maturo per la scuola è, in parole semplici, un essere umano che è diventato abbastanza pratico del proprio corpo. Sa badare a sé stesso nelle occupazioni corporee quotidiane; compie con gli arti movimenti differenziati, distinguendo gli inferiori (con i quali si muove e domina lo spazio) dai superiori (con i quali compie attività sensate e svolge piccoli lavori, con o senza arnesi semplici) e anche il lato destro dal sinistro (imprimendo più vigore in uno e alternandone l’uso con proprietà ed equilibrio); usa le dita delle mani con vera destrezza. Tutto il gioco libero infantile è un continuo esercizio di apprendimento e di scoperta del proprio strumento: il bambino balza su un muretto, salta giù da un gradino, rotola, cammina in equilibrio su un’asse, corre, batte i piedi o cammina cautamente in punta; si ferma in attesa, ascolta, realizza un’idea; afferra un oggetto, costruisce un ambiente, veste una bambola, piega un telo, costruisce una diga, intesse un filo, dà forma ad una pasta…Il giorno in cui da tutto ciò si affacciano la capacità e la necessità interiori di slanciarsi per stimolo proprio e riprender sé stesso per forza di autocontrollo saremo spettatori della manifestazione di forze libere per l’apprendimento.
In realtà, il mondo del bambino in età prescolare è fatto di necessità: egli non è un essere autonomo. Il mondo agisce continuamente intorno e dentro di lui: cibo, abbigliamento, ambiente naturale e umano determinano sia le sue forme fisiche, che le sue risposte animiche. Il piccolino non ha barriere che lo isolino da ciò che accade intorno a lui: percepisce, imita e assimila ininterrottamente forme, stati d’animo, pensieri e ne viene plasmato profondamente, fin nell’anima. Quando può affidarsi completamente all’adulto, in ogni suo movimento appare in modo diretto la sua immedesimazione: sgambetta felice sentendo avvicinarsi i passi della mamma, corruccia il visetto se percepisce la nostra contrarietà, si gratta il naso quando a noi prude!
L’Euritmia adopera le forme di movimento che si esprimono nel corpo per ricondurle alla vera fonte del suo significato: l’esperienza interiore. Lo fa proponendo sequenze di gesti sensati che si ripetono e si susseguono in modo che si realizzi un’alternanza e un equilibrio tra momenti di concentrazione e di espansione dell’attività e che tutto il gruppo sia coinvolto al massimo grado e contemporaneamente. Con il ricorrere delle esperienze, si formano gradualmente nell’ interiorità del bambino i “luoghi” dove egli conserva memoria e comprensione per ciò che ha vissuto e dove si può distaccare dal flusso degli stimoli e delle reazioni: questa nuova condizione esistenziale si manifesta con la capacità di compiere un gesto circolare con le braccia (O in Euritmia), che nella forma è perfettamente rotondo perché il bambino lo sa ricolmare concretamente con tutto il contenuto del suo sistema ritmico, il suo mondo di ricordi. Quando appare la presenza di questo spazio interiore, il bambino può tranquillamente intraprendere il suo cammino scolastico, perché saprà ascoltare le parole del maestro.
Un altro segno che contraddistingue il passaggio di settennio è l’inversione di tendenza del saltare, che corrisponde alle modificazioni fisiologiche della pulsazione cardiaca. Soggetto alle forze preponderanti che agiscono dall’esterno e gli danno corpo e peso, il bambino cresce e si sviluppa attratto dalla forza di gravità: gioisce di poter cadere, di saltare all’ingiù, si rotola per terra; cammina a quattro zampe anche quando sa camminare su due piedi da un pezzo; rivolge il suo sguardo verso l’alto solo quando guarda l’adulto, altrimenti trova più interessanti le formiche, i sassolini… All’età in cui cominciano ad agire le sue proprie forze interne, si assiste alla espressione della sua autonomia attraverso la tendenza del movimento a compiere slanci verso l’alto: monta con un balzo su uno sgabello, salta all’insù (anche alternando le gambe), trattiene il moto degli arti inferiori per dare più forza e cura al lavoro di quelli superiori, frena una corsa “afferrando” sé stesso e tutta la sua figura si eleva e il capo si erge. In questa condizione si percepisce la sua totale presenza nelle situazioni: interiormente il bambino ha messo le cose al suo posto, ha distinto il basso dall’alto, il peso dalla leggerezza, ciò che ha ricevuto da ciò che è pronto a dare (D in Euritmia).
La percezione di sé e del mondo che il bambino può avere sviluppato all’età della scolarizzazione deve dare prova di sé anche nella chiara lateralizzazione. La figura umana è costruita secondo una simmetria che rende possibile il movimento: elementi univoci possono solo essere statici, già nella dualità si può realizzare una dinamica. Però le due parti (destra e sinistra) non sono una il rispecchiamento dell’altra: soprattutto internamente ci sono differenze di peso e di funzione. Nel percorso di autopercezione, il bambino impara a riconoscere ed usare per le diverse attività il lato più adatto per compiere un certo movimento. Come i suoi primi passi non sono guidati dalla volontà di raggiungere una meta, ma di trovare il punto di bilanciamento, poi l’alternare dei piedi sarà la continua ricerca dell’equilibrio; così qualificare un lato (un piede, una mano), e sempre quello, per svolgere un dato lavoro farà sì che l’altro lato svolga la funzione di compensare, ristabilire un equilibrio, alternando momenti di attività e passività, di gesti che si imprimono nel mondo e correnti che riportano interiormente l’eco di ciò che si è compiuto. Quando cammina eseguendo diverse andature, con il piede che si muove con energia il bambino si impone nel mondo, con l’altro ascolta l’effetto che ha prodotto; una mano lavora attivamente (ad es. disegna), l’altra “sente” dove andrà diretto il prossimo movimento per creare un equilibrio tra le parti. Questa capacità motoria si sviluppa in una fine sensibilità di sé e dell’altro che ha grande importanza nel rapporto che si deve stabilire con il maestro di scuola e con le materie d’insegnamento. Trascurare una corretta lateralizzazione ostacola i processi fisiologici del sistema ritmico, e di conseguenza il giusto svilupparsi della capacità di comunicare.
Ci sono appunto aspetti di maturazione osservabili nel movimento che non riguardano unicamente lo sviluppo fisico o fisiologico (anche se, come detto, la vita dell’anima ne viene completamente coinvolta), ma mostrano in modo più caratteristico la partecipazione e l’attenzione per gli altri, per il contesto umano. Finché il bambino si adagia nell’agire dell’adulto, il suo non avere confini si evidenzia nella sua necessità costante di entrare nello spazio dell’altro (gli sta vicino, vuole essere preso in braccio, afferrare un oggetto che gli appartiene): con la nascita e lo sviluppo del suo spazio interiore, il bambino sarà in grado di sostenere la distanza dall’altro, perché percepisce il bisogno di avere un proprio spazio vitale autonomo e rispetta di conseguenza quello altrui; di mantenere il proprio posto in un cerchio e contribuire alla sua realizzazione, perché sa colmare lo spazio interno che ne risulta col suo movimento e la sua partecipazione; di eseguire movimenti che non gli vengono facili per la sua costituzione fisica o per l’abitudine a compierli, ma che ha appreso perché ha voluto provare qualcosa di nuovo, che ha percepito in un altro; di “tenere il filo” delle immagini che sta interpretando, in successione ininterrotta, coi movimenti che si trasformano uno nell’altro, capace di dare vita ad una storia compiuta. Queste qualità sono fondamentali per la vita del singolo nella comunità scolastica, perché aiutano a stabilire le relazioni sociali che costituiscono l’ambiente umano e influiscono positivamente sul lavoro che vi si svolge.